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Tra le competenze di educazione finanziaria, quelle sulla previdenza complementare occupano un posto molto importante oggi.
Ma perché proprio la previdenza? E perché proprio ora?
Può aiutarci a rispondere l’ultimo rapporto EduFin 2023, che quest’anno ha dedicato un utile focus alle conoscenze degli italiani in materia di previdenza.
Il rischio “longevità” non è chiaro a tutti
Il rischio longevità, cioè il rischio di vivere più a lungo di quanto si possa ragionevolmente pensare, è uno dei concetti più importanti da comprendere se si vuole fare una buona pianificazione del risparmio per finalità previdenziali.
Nonostante questo, però, dal report è emerso che la conoscenza di tale competenza si conferma bassa anche fra coloro che hanno un livello di alfabetizzazione finanziaria più elevata.
Meno del 30% degli intervistati, infatti, ha dichiarato una conoscenza solida sull’argomento, mentre è aumentata lievemente la percentuale di coloro che dichiarano di conoscere il concetto almeno per sentito dire. La conoscenza si ferma comunque a livelli più bassi rispetto ad altri concetti di base educazione finanziaria.
Il deficit conoscitivo è confermato dalla scarsa percentuale di coloro che rispondono correttamente alla domanda sull’impatto del rischio di longevità sull’importo della pensione.
È infatti salita significativamente la quota di coloro che non sanno valutare l’impatto dell’aumento della speranza di vita sull’importo della pensione (+6,2 punti percentuali rispetto alla stessa rilevazione del 2022).
Pensiamo di sapere ma in realtà non è così
Le lacune da colmare sono molte, ma c’è poca consapevolezza.
Più del 70% del campione intervistato ritiene di avere una conoscenza sufficiente sulle competenze di base del sistema previdenziale (fra questi, circa il 30% la giudica addirittura alta).
Tuttavia, la percentuale delle risposte corrette alla batteria di domande sulle conoscenze previdenziali non supera mai il 50%, un livello assai inferiore rispetto a quello raggiunto dalle singole conoscenze finanziarie (come inflazione, tasso di interesse semplice, diversificazione del rischio).
È interessante anche approfondire come questa conoscenza varia in base alle varie categorie socio-demografiche.
Emerge una complessiva overconfidence del campione rispetto alle proprie nozioni previdenziali, soprattutto in relazione alla previdenza pubblica, e tale sovrastima è generalmente più alta per gli uomini e per le classi di età più giovani.
Le donne hanno un gap… un altro
Potremmo dire che è l’altra faccia del gender gap, e in effetti è proprio così.
I risultati dell’indagine hanno evidenziato la presenza di un gap di genere nel risparmio pensionistico, coerentemente con quanto si osserva sul mercato del lavoro: per circa il 46% delle donne l’ammontare versato annualmente è inferiore ai 1000 euro e il risparmio accumulato è prevalentemente al di sotto dei 50 mila euro.
Se versiamo, versiamo troppo poco
Chi ha un livello elevato di conoscenze finanziarie di base possiede una qualche forma di previdenza complementare, ma quando si approfondisce la questione della contribuzione la fotografia che viene fuori somiglia a un chiaroscuro.
Basti pensare a questo punto: un terzo degli iscritti intervistati per il report versa alla previdenza complementare meno di 1000 euro l’anno e l’ammontare dei versamenti non supera i 3000 euro l’anno per quasi i due terzi della distribuzione. Una quota lontana la soglia di deducibilità dei contributi versati (pari a circa 5.164 euro l’anno).
La predilezione di chi investe a fine previdenziali va in linee garantite che in generale non consentono di realizzare rendimenti elevati. L’indagine evidenzia, quindi, la necessità di accrescere le iniziative che favoriscano scelte di investimento ai fini previdenziali più adeguate rispetto alle esigenze previdenziali individuali.
Parallelamente alla bassa contribuzione, il risparmio accumulato dagli iscritti alla previdenza complementare è per l’80% inferiore a 150 mila euro e per il 66% non supera i 50 mila euro.
Adesioni troppo basse per tutti
Le ragioni della mancata adesione alla previdenza complementare sono varie, ma abbastanza prevedibili viste le crescenti difficoltà di risparmio da parte degli italiani.
Prevale la presenza di vincoli di bilancio alla creazione di risparmi, cioè la scarsa disponibilità di risorse da investire, ma c’è anche una predilezione per gli investimenti autonomi a causa di scarsa fiducia verso gli strumenti di previdenza complementare. Uno scetticismo che, indirizzando i risparmi su altri strumenti di investimento, non permette di usufruire dei vantaggi fiscali previsti per la previdenza complementare.
Per i più giovani prevale la procrastinazione nelle decisioni previdenziali. Nella fascia 18-34, ci dice il report EduFin, c’è poca consapevolezza della necessità di una pianificazione finanziaria per fini previdenziali.
Fonte: Rapporto EduFin 2023. Educazione finanziaria: iniziamo dalla scuola
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